mercoledì 29 ottobre 2008

Intervista ai Kobayashi


Dovremmo fare più sesso, e guardare meno tv/ dovremmo smetterla di lavorare per far piacere agli altri …versi come questi parlano direttamente al cuore dell’Alligatore, se poi non sono semplicemente cantati ma declamati, tipo il Max Collini degli amatissimi Offlaga Disco Pax, la conquista è totale e incondizionata. Sì, mi piacciono un sacco questi Kobayashi dal minimalismo spinto e dal ritmo ipnotico. Pieni e vuoti, un equilibrio instabile, una malinconia sottile ma razionale, quel sentirsi gustosamente underground…
Andrea, Nicola, Flavio, da Carrara, terra di anarchici e forti passioni, non sono un semplice power-trio voce, chitarra, basso e batteria, sono un concentrato di emozioni che si fanno largo con strumenti magici e misteriosi come casiotone, microkorg, xilofono, theremin …
Minimali nei suoni, come nel modo di proporsi e nella cover curata dallo stesso bassista del gruppo. Minimali anche nei canali distributivi: il loro disco non verrà venduto (per scelta) attraverso i canali tradizionali, ma solo online e ai concerti. Dal produttore al consumatore, per dirla alla Carlin Petrini. A proposito di produttori (di suoni), siete pronti ad entrare nella palude, Kobayashi? … vi manca molto a finire il ghiacciolo?

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lunedì 27 ottobre 2008

Ugo Tognazzi - Rivendico il diritto alla cazzata


Diciotto anni fa ci lasciava Ugo Tognazzi, uno dei più grandi “mostri” della commedia all’italiana. Tra i nostri attori è stato il meno addomesticato, il più rustico e contorto, capace di dare credibilità a personaggi assurdi. Ha lavorato con tutti i più grandi, da Monicelli a Bertolucci, da Ferreri a Pasolini, solo per buttare giù quattro nomi (l’elenco sarebbe lunghissimo). Inutile citare a casaccio film, meglio ricordarlo nel ruolo di intellettuale consapevole e provocatorio, insofferente al clima di caccia alle streghe che si respirava nell’Italia fine anni Settanta. La stampa, smaniosa di scoop cercava il “grande vecchio”? Il Male, collettivo satirico di mattacchioni che ci manca molto, pensò bene di rivelarlo al mondo con alcune finte edizioni di quotidiani veri. A quel tempo ci si poteva cascare benissimo. Tognazzi si prestò allo scherzo e per spiegarlo disse “rivendico il diritto alla cazzata”. Memorabile.

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venerdì 24 ottobre 2008

Woody Allen non girerà più film in Italia

Ne sono sicuro, Allen non girerà mai più film in Italia. Me ne sono convinto dopo la visione di Vicky Cristina Barcelona, allen-movie senza Allen (anche se in realtà c’è).
Come ho scritto ad una mia amica, se il film fosse stato girato da qualche altro regista, lo stroncherei, ma in questo caso lo esalto. Sì, perché solo Woody può tirare alle estreme conseguenze gli stereotipi del suo cinema senza bruciarsi, senza sembrare ridicolo. Vicky Cristina Barcelona è la quintessenza del suo cinema, ve lo dice un alleniano puro come il sottoscritto. Ci sono i suoi tic, le sue manie, le sue passioni, l’intellettualismo, l’illusione di un Europa superiore agli States, le buone letture, i musei e tutto l’allen-pensiero. Non c’è lui in primo piano, anche se la bella Rebecca Hall lo rappresenta alla grande (e noi per questo l’amiamo più della Cruz, più di Scarlett Johansson).
Rebecca Hall (Hall, come Annie Hall, titolo originale di Io e Annie, cult-movie di Allen tra i più amati, Hall come il vero cognome di Diane Keaton, musa di Allen tra le più amate da lui, e da noi alleniani). E poi è splendidamente pallida, nevrotica, ha problemi nei rapporti col sesso, tradisce ma si torce e contorce, ha sensi di colpa. E poi si veste con quel simil-eskimo verde tipico di Woody (d’autunno lo indosso pure io, sono un alleniano puro). Le mancano i capelli rossi, le lentiggini, gli occhiali e qualche particolare anatomico di non poco conto, ma alla fine lei è lui.

Si è molto discusso sulle scene di sesso. Io mi chiedo, quali? Non andate a vederlo, se era per questo. Invece, cosa che può destare scandalo nell’attuale Italietta dei mille divieti, è quel continuo bere alcolici (manco avesse scritto il film il grande Bukowski). È magnifico. In ogni occasione ci sono calici di vino (rosso in particolare) nelle mani di tutti. O birra, cognac, qualsiasi cosa buona da bere con qualche sacrosanto grado alcolico (quindi non Coca Cola).

Nell’attuale Italia dei divieti, sarebbe inconcepibile. Con il criminale terrore della prova del palloncino instillato nelle nostre stanche menti, chi si abbandona più alle libagioni di un tempo? Che triste paese siamo diventati. Woody, non a caso, nel suo girovagare per l’Europa ci ha scansati. A parte qualche anno fa Venezia, per l’impeccabile Tutti dicono I Love You, non si è più visto (sono più di dieci anni).
Forse, a pensarci bene, potrebbe tornare a Venezia: lì, la prova del palloncino fa poca paura (non ti fermano, per il momento, a piedi, tra le calli e manco in gondola, che io sappia).

http://vickycristina-movie.com/

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domenica 19 ottobre 2008

Beata Ignoranza

La scuola va a rotoli con le riforme del governo Berlusconi? Non sono un genitore, non sono un maestro e manco un professore, ma quello che vedo non mi piace e allora, ripensando a quando andavo alle elementari io, ai tempi del maestro unico, ho buttato giù questo raccontino …


Berna

Adesso che è finita da un bel pezzo mi sembra una cazzata, come fare un buco nel burro con il trapano, ma quando ci andavo non la pensavo così. Quando ci sei in mezzo, le cose hanno una connotazione molto diversa da quando te ne stai con il culo in salvo, abbondantemente lontano dai guai. Su questo mio nipote ha perfettamente ragione, io torto marcio.
La scuola fa vomitare, fa schifo. È un luogo opprimente dove ti costringono ad andare. Ti devi presentare tutte le mattine alla stessa ora, e se non vuoi ci vai lo stesso. Come palestra di vita ci prende in pieno. È perfetta.
Un professore ti sta sulle palle?
Non importa.
Trovi i tuoi compagni di classe insopportabili?
Chi se ne frega.
Tu sei stato assegnato lì, e lì devi andare. Ha forse alternative il condannato a morte? e la mucca nel macello? e il topolino nella tana del serpente?
Mica glielo posso dire al nipote tutte queste cose però. Devo convincerlo ad andarci con piacere: la scuola è bella, la maestra ci vuol bene e s’imparano tante cose… tutte quelle balle lì.
Devi eseguire sempre i compiti, devi comportarti da ragazzo maturo, devi alzare la mano quando sai le risposte. A pisciare una volta sola (meglio farla nell’intervallo), se ti scappa ancora te la tieni. Mai marinare la scuola, mai rispondere sgarbatamente alle insegnanti, mai...
Bei discorsi, buone intenzioni. Ottime per il libro Cuore.
Capite anche voi che mi è molto difficile risultare convincente quando ripeto queste quattro balle a mio nipotino. Soprattutto il discorso riguardante le berne, cioè il marinare la scuola. Chissà quante berne ho fatto nella mia lunga carriera scolastica. Non si contano. Ho cominciato da piccolo, in seconda o terza elementare.
Me la ricordo come fosse ieri la mia prima volta di berna. Io e il mio amico Goccia, soprannominato così perché aveva sempre la goccia al naso. Il moccio, intendo dire.
Abitavamo vicini io e Goccia. Di conseguenza andavamo a prendere l’autobus insieme. Nel mio piccolo paese non c’era la scuola elementare (non c’è neppure adesso), così eravamo costretti ad emigrare come pendolari. Tutte le mattine sull’autobus. Pioggia, neve, vento, nebbia...
Cinque o sei chilometri sulla corriera blu, in compagnia delle nostre maestre. Tutti ai propri posti, rigorosamente distribuiti a seconda della classe scolastica d’appartenenza: quelli di prima davanti, quelli di seconda subito dietro, quelli di terza … quelli di quinta in fondo. Parlo di un paesino di due, tremila anime, quindi un pullman era più che sufficiente per tutti.
Ogni mattina la stessa storia: sveglia, lavarsi la faccia, fare la cacca e la pipì, colazione, poi di corsa alla fermata della corriera. La nostra era situata davanti all’entrata della casa delle monache, ad uno sputo dalla chiesa. Per raggiungere il bel posto avevamo due strade: una breve e diretta, quella che una persona razionale avrebbe sempre preso, un'altra più lunga e tortuosa, con una salitona sconsigliata ai cardiopatici e difficoltosa pure per un bambino con cartella piena di libroni e quaderni.
Di solito, io e l’amico Goccia imboccavamo quella breve. Naturale. Ma quel giorno, quello della mia prima berna ufficiale, no. Tra l’altro, passando per la via secondaria, si aveva modo di vedere la corriera senza essere visti. Così potevamo osservare l’arrivo del pullman, aspettare si fermasse a raccogliere i nostri compagni e poi vederlo ripartire. Noi saremmo accorsi un minuto dopo, fingendoci dispiaciuti. Il piano appariva perfetto, lineare come una stecca da biliardo: grossa in testa, fine in punta. Troppo fine.
“Mi pare di aver visto la corriera passare,” disse Goccia dopo un paio di minuti di silenziosa attesa.
“Sicuro?”
“Sì, guarda giù in fondo, è passata, mi pare.”
“Allora andiamo…”
“Forse è meglio aspettare ancora un attimo.”
“Si è meglio. Se ci vedono arrivare subito, possono pensare a qualcosa di studiato.”
“No, è che non sono sicuro che sia passata. E poi non ti preoccupare, non possono farci nulla.”
“I carabinieri sì. I carabinieri se non vai a scuola ti ci portano loro.”
“Sì, ma per un solo giorno non ti fanno niente. E poi quando scendiamo alla fermata, mica incontriamo i carabinieri. Al massimo troviamo la mamma di Maddalena che ritorna a casa… Eccola, guarda che arriva. Nascondiamoci.”
La mamma di Maddalena, chiapperi! Credo avesse gli occhi dappertutto. O, più semplicemente, fosse dotata della supervista di Superpippo.
“Cosa fate lì?”
“Niente, lui non trova più un quaderno.”
“E lo cercate nel mio orto?”
“No, è che ci siamo fermati per vedere se l’ha messo in cartella… purtroppo abbiamo perso la corriera.”
Be’ insomma, dopo quattro ciacole con questa signora, poco convinta dai nostri discorsi, ce ne ritornammo a casa. Cosa stupida. A casa c’era ancora mio papà. Ci portò subito a scuola. Anche là parevano poco convinti riguardo alla storia del quaderno di Goccia. I compagni di classe sorridevano, mentre la maestra, ascoltando la nostra versione dei fatti, faceva la faccia seria e un tantinello seccata. Nonostante questo non ci punì. No, niente di brutto o cattivo. Manco una frustata sul culetto. Del resto, che avevamo mai fatto?
Si, come esordio di berna non è un granché, devo ammetterlo. Diventando grande ho imparato a farla meglio. Nel corso degli anni mi sono specializzato, ho affinato l’arte. Nell’ultimo anno delle superiori ne ho architettate molte. Allora non c’era più Goccia, c’era Massimillo. Ma queste sono altre storie. Meglio non scriverle ora, non vorrei mio nipotino le leggesse e tentasse d’imitarmi. È un’attività pericolosa.

E PER TORNARE SERI, ECCO ALCUNI LINK UTILI
Su Smemoranda
La scuola in lotta
DA VENEZIA UNO DEI TANTI VIDEO DELLA PROTESTA

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giovedì 16 ottobre 2008

Intervista a Beatrice Antolini


Se la scorsa settimana è stata la prima volta di un’intervista con un singolo musicista, questa sera è la prima volta di due chiacchiere sul blog con una singola musicista: Beatrice Antolini. Domani sarà fuori il suo A Due, secondo scalpitante album dopo l’esordio colorato e bello da morire Big Saloon di un paio di anni fa (una delle più grandi sorprese del panorama indie italico). Domani lo lancerà pure dal vivo, facendolo volare alto al mitico Covo di Bologna, primo concerto di una lunga serie.
A Due si presenta come una piacevole conferma, con la sua andatura strana e il mondo fantastico che apre davanti ad ogni ascolto. Realizzato come vuole la leggenda “in quasi assoluta solitudine in uno studio sperduto tra le colline modenesi”, è costituito da undici perle sorprendenti, undici canzoni morbide e dilatate, suonate quasi tutte da sola dalla splendida Beatrice; un talento naturale il suo, allenato da anni a suonare di tutto con tutti. Di rilievo le sue recenti collaborazioni con Bugo, Baustelle e Jennifer Gentle (con questo gruppo, la prima e unica band italica a firmare con Sub Pop, sono molte le affinità e i rapporti).
Inutile aggiungere altro. La vedo comparire davanti al vetro del mio pc. Meglio farla entrare, comincia a fare freddo. Ci sei Beatrice?

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domenica 12 ottobre 2008

La scuola c’è


La scuola, nonostante la controriforma portata avanti a colpi di decreto legge dal governo Berlusconi, sembra esserci ancora. Almeno ci sono degli studenti che con gli insegnanti cercano di ragionare. Per esempio, mercoledì scorso mi è arrivato un post dalla II H del Liceo Falcone di Bergamo, a proposito della mia segnalazione delle due puntate di alta televisione curate da Riccardo Iacona (vedi il post di Venerdì 26 settembre 2008 "La guerra infinita – Questa sera, 21,05 su Rai 3"). I ragazzi, dopo aver diligentemente visto le due puntate del programma, si sono posti delle domande. Spesso i post dentro post passati non vengono letti, o poco letti, per questo riporto integralmente il loro punto di vista, con le domande per noi “adulti”. Conoscendo gli amici blogger che mi scrivono ogni tanto, sono certo che riusciremo a dare ai gggiovani una qualche risposta, togliendoli dalla faccia quell’espressione di smarrimento che hanno, come il giovane della foto, protagonista di Leoni per Agnelli, il film di Redford che questa lettera e il programma di Iacona mi hanno fatto ritornare in mente.
Questo il loro post.
classe 2h ha detto...
La nostra insegnante di storia ha assegnato come compito di seguire i due documentari andati in onda venerdì 19 e 26 Settembre 2008, alle ore 21:00 su Rai 3, dal titolo: ‘La Guerra Infinita’. Il giorno dopo, in classe abbiamo discusso i temi trattati dal programma e sono emerse alcune domande a cui non siamo stati in grado di rispondere. Chiediamo quindi che qualcuno ci aiuti a capire, perché siamo stati davvero colpiti dal renderci conto della disinformazione di cui siamo preda.
1- Il capo dell’organizzazione di spaccio della droga in Europa, ripreso alla stazione centrale di Milano, è stato arrestato? E se non lo è, perché? A chi gioverebbe questo?
2- Perché le organizzazioni internazionali, nonostante sappiano bene il giro malavitoso che sta intorno alla droga, continuano ad ignorarlo? Il permanere di questi problemi dimostra che la presenza di organizzazioni come la Nato e l’Onu è inutile. A chi giova questo?
3- Perché lo stato Afghano non interviene a sostenere quei cittadini che cercano un’alternativa alle coltivazioni illegali? A chi giova questo?
4- Perché solo la Turchia riesce ad intercettare il traffico di droga? A chi giova questo?
Adesso che siamo a conoscenza di ciò che succede "a un’ora di volo da Roma", aspettiamo con ansia che il mondo degli adulti ci dia un segnale di speranza per credere nel nostro futuro. Ma se non dovesse succedere nulla, a chi gioverebbe tutto questo?
Abbiamo ripensato, non senza tristezza, al romanzo La storia della Morante, recentemente trattato da noi e ci è sembrato che il sottotitolo ‘Uno scandalo che dura da 10000 anni’ sia destinato inesorabilmente a perpetuarsi. ... E poi il mondo adulto lamenta che noi giovani non abbiamo entusiasmo e valori in cui credere. ... Dateceli e noi crederemo.
La classe II H, Liceo Falcone, Bergamo

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giovedì 9 ottobre 2008

Intervista a Luca Olivieri


C’è sempre una prima volta per tutto. Questa sera per la prima volta farò due chiacchiere sul blog non con un gruppo, ma con un singolo musicista, Luca Olivieri. Un musicista che ha dato quest’anno alle stampe un cd con dodici brani esclusivamente strumentali: La Quarta Dimensione (termine con il quale si identifica il fattore tempo).
Luca suona un po’ di tutto in questo cd (e non solo), dalle tastiere al glockenspiel, wurlitzer, percussioni e altre diavolerie. Ad accompagnarlo buona parte degli Yo Yo Mundi (Fabio Martino, Fabrizio Barale, Andrea Cavalieri) con i quali suona da anni, Giovanna Vivaldi e il suo violoncello magico, e poi Diego Pangolino, Roberto Lazzarino, Mario Arcari. Tutti impegnati, tra oboe e fisarmoniche, chitarre e bassi elettrici a creare melodie dolci e salate buone per un film di Mazzacurati (davvero, Carlo, se cerchi musiche per il prossimo film, prendi questo cd).
Comincio a sbrodolare troppo? Meglio sentire Luca. Ci sei Luca?

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martedì 7 ottobre 2008

Sonic Youth, concerto e mostra a Bolzano


I Sonic Youth sono la parte più pura della Storia del Rock. Basta guardarli per capirlo. Da loro comprerei un’auto usata, anche se non mi piacciono molto le automobili statunitensi (ma che ne sappiamo noi, forse hanno un vecchio maggiolone?). Insomma, per farla breve, mi fa piacere che suonino in Italia e mi piace ancora di più sapere che suoneranno anche a Bolzano. Non solo, a Bolzano ci sarà una mostra a loro dedicata.
Il concerto avrà luogo sabato 11 ottobre a partire dalle 22, presso gli spazi della Stahlbau Pichler, Via Edison 15. Esso chiuderà in bellezza l’edizione 2008 di Transart, festival itinerante di cultura contemporanea, quest’anno centrato molto sulla musica e aprirà alla grande Sonic Youth etc: sensational fix.
La mostra, ospitata al Museion, indaga la relazione tra la storica band e artisti, scrittori, designer e molti altri musicisti. Arte “alta” e arte pop-olare si toccano, tramite la produzione multimediale dei SY e i lavori degli artisti presenti. Una via alternativa alla Cultura Rock e all’arte moderna.
Dal 10 ottobre al 4 gennaio prossimo (andateci presto, non aspettate i mercatini di natale).

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sabato 4 ottobre 2008

La società multirazziale è nata il 20 settembre?


Oggi sono andato in edicola e ho preso Diario, il quindicinale “iniziato” da Enrico Deaglio, ora diretto da Massimo Rebotti. L’ho preso perché avevo letto sul sito di Smemoranda di un fumetto di Elfo sulla manifestazione del 20 settembre in ricordo di Abba, il giovane di Cernusco barbaramente ucciso a bastonate. Oltre a questo ho trovato una seria analisi del fenomeno razzismo in Italia, da parte di Deaglio. Per questi 2 buoni motivi vi consiglio di prendere e leggere attentamente questa pubblicazione, utile per capire cosa succede oggi nel nostro paese.
Forse il 20 settembre 2008 è nata in Italia la società multirazziale e noi, distratti, non ce ne siamo manco accorti …
http://diario.picomax.it/
http://www.smemoranda.it/

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giovedì 2 ottobre 2008

Intervista agli Apuamater


In questi nostri tristi tempi grigi e molli è bello ascoltare un concept album massiccio e colorato come questo 2076: il ritorno di Kristo da poco sfornato dagli Apuamater. È bello sentire da un giovane gruppo parole chiare e diverse dal solito sulla morale cattolica, reinterpretando liberamente la figura di Cristo. Un progetto ambizioso questo, un’operazione culturale da anni Settanta, che mi ricorda tanto (anche se gli Apuamater fanno i modesti e mi mettono le mani sulla bocca) le opere più eretiche e divertenti di Fo, Pasolini, Fabrizio De Andre’. Scusate se è poco.
Del resto, il gruppo di Carrara, guidato dalla fisarmonica di Davide Giromini e dalla chitarra di Luca Rapisarda, non salta fuori dal nulla. Questo è il loro terzo album, dopo Un cavatore, un partigiano, un vagabondo, un marinaio (Sanarecords 2005), con la partecipazione, tra gli altri, dell’attore cult Carlo Monni e Les Anarchistes, Delirio e castigo (2006 Corasong). La stessa Corasong, etichetta/associazione culturale legata a Contatto Radio – Popolare Network, produce e distribuisce questo loro 2076: il ritorno di Kristo. Il titolo dice molto: nel 2076 Gesù ritorna sulla terra per compiere un viaggio onirico a ritmo cyberfolk e sbugiardare chi parla falsamente in suo nome liberandoci dall’alienazione mediatica...
Non voglio dirvi altro. Sento già una fisarmonica che suona. Ci siete Apuamater?
VAI AL LORO MYSPACE, DOVE POTRETE, TRA LE ALTRE COSE, SCARICARE GRATIS I LORO CD: http://www.myspace.com/apuamater

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