domenica 8 novembre 2009

CINEMA: Motel Woodstock di Ang Lee

È un film di superficie, come quasi tutto il cinema di Ang Lee, ma questo non vuol dire che sia un film superficiale, e come tutti i film sul ’68 (sì, va bene, in senso lato) è un film con luoghi comuni (rock, libertà, amore libero, droghe, nudismo, comunitarismo …) portati alle estreme conseguenze fino a diventare cinema. Ed è così pure per questo “dietro le quinte di Woodstock”, il concerto dei concerti, l’evento rock per antonomasia, non sappiamo quanto fedele (si legga Taking Woodstock, di Elliot Tiber, Rizzoli), ma in buona parte plausibile (a parte certe macchiette, che è meglio lasciare da parte).

Il personaggio del ragazzo dinoccolato, gay nascosto, represso da genitori incapaci di mandare avanti il loro motel, funziona. Forse per l’aspetto vagamente orientale, forse per il suo dandysmo, ricorda certi personaggi del cinema di Hanif Kureishi. È lui l’inconsapevole motore di Woodstok, quello che per caso offre all’amico hippy l’opportunità di svolgere il concerto all’ultimo momento (infatti, come saprete, il concerto dei concerti stava per sfumare): ha una licenza per la solita esibizione estiva per pochi intimi; la cede al grande gruppo organizzatore e il mito prende vita.

Il suo piccolo motel diventa la base di tutto e finalmente i genitori riescono a ripianare i debiti e a diventare ricchi. Tutto il paesello diventa ricco, anche chi contesta il giovane e la sua scelta di aiutare l’organizzazione del concerto. Lo attaccano duramente, fingono di temere l’invasione dei cappelloni, tengono carico il fucile come bravi patrioti, pronti ad usarlo alla maniera del finale di Easy Rider, ma non si fanno sfuggire l’occasione di sfruttare commercialmente il passaggio di migliaia di giovani sul proprio territorio. Certo, Woodstock non è stato solo tre giorni di pace, amore e musica (è stato anche questo), ma pure un bel business. Però è banale dirlo, e allora Ang Lee, pur mostrando senza esitazione tutti quei soldi che girano, butta dei luoghi comuni pesanti come macigni (il suo cinema è un accumularsi di luoghi comuni) con scene che però restano in piedi da sole, tante volte le abbiamo ormai viste: dal bagno nel fango a quello nudo nel laghetto circostante, dal viaggio con lsd dentro al pulmino Volkswagen (tentando di mostrarci le illusioni ottiche tipiche dei viaggi di quel tipo), dalla performance teatrale stile Living Theatre (ho scritto “stile”), alla collinetta spoglia e devastata dopo quei tre giorni, ridotta quasi come dopo una battaglia in Vietnam (e non manca certo il ragazzo sballato dopo essere ritornato dalla sporca guerra). Insomma, accumula tanti e tali luoghi comuni che alla fine il film sembra tenere. Oppure ho avuto un trip negativo?

Questa è più di una manifestazione artistica e musicale: è la nascita di una nuova nazione, la Nazione di Woodstock. Siamo contro la guerra. Rispettiamo la libertà, la musica, i diritti civili di ogni persona. Venite qui e diventerete cittadini della Nazione di Woodstock.
Elliot Tiber, Taking Woodstock

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5 Commenti:

Alle 9 novembre 2009 alle ore 07:39 , Anonymous and ha detto...

io sono tentato di vederlo e allo stesso tempo no. ang lee mi ha un po' deluso lungo la sua carriera.

 
Alle 9 novembre 2009 alle ore 09:18 , Anonymous riccardo uccheddu ha detto...

Ma Ang Lee è lo stesso regista che ha girato un film su Hulk?
Non era male quel film, almeno per come raccontava il rapporto tra padre e figlio.
Quanto al film su Woodstock non l'ho ancora visto, ma lo vedrò.
Forse è difficile parlare di quel periodo e di quel mondo senza sfociare nel luogo comune.
In ogni caso, penso che sia stata un'epoca in cui la gente si impegnava e credeva in cose davvero importanti.
Certamente, anche con molte ingenuità...
Ma oggi è molto peggio. Forse non sarebbe male recuperare almeno un po' di quell'idealismo.
Buona settimana.

 
Alle 9 novembre 2009 alle ore 11:49 , Blogger Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

Onestamente ero e resto poco convinto di andare a vedere quel film.

Recensione che lievemente tocca tutte le pieghe del film e pur mettendo in risalto quelli che possono forse essere dei "difetti" tipici anche del regista e del suo modo di fare i suoi film, sembra, leggendoti, restare una testiomonianza e "dolcemente impietosa" non solo di quello che é stato Wookdstock emotivamente e socialmente ma anche economicamente. Come dire anche allora si lucrava sull'innocenza.

 
Alle 9 novembre 2009 alle ore 20:51 , Blogger Alligatore ha detto...

@and
Mi piace l'epoca che racconta e per questo sono andato a vederlo. Ang Lee è Ang Lee.
@riccardo uccheddu
Sì, è lui il regista di "Hulk", ma non ho grandi ricordi di quel film.
Per il resto sono molto in sintonia con te. La frase di Tiber, che ho messo in calce, la condividiamo: io mi sento un cittadino della Nazione di Woodstock, anche se allora non ero ancora nato...
@Daniele Verzetti il Rockpoeta
Lucrare sull'innocenza? Direi di sì. La storia del rock è fatta di idealismo, spinte ribelli, sogni e utopie concretizzatesi, come Woodstock, ma anche di business. Ovviamente non scopro l'acqua calda, e manco Ang Lee. Questo è quanto su "Motel Woodstock". Vederlo o non vederlo? Questo, non è il problema...

 
Alle 10 novembre 2009 alle ore 15:01 , Blogger Alligatore ha detto...

@LaMentePersa
Che piacere rivederti! ...risentirti!... rileggerti!
Quel sogno si può rifare, con il rock nella testa.

 

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